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Assunzione del personale degli enti locali e applicabilità dell’art. 2126 c.c.

Consiglio di Stato, Sezione II, sentenza 27 marzo 2020, n. 2155

data: 31.03.2020
Area: Amministrativo, Energia e Ambiente

Le norme in materia di assunzione del personale degli enti locali non sono di ostacolo all’applicabilità dell’art. 2126 c.c., e, quindi, al riconoscimento del diritto del lavoratore, pur non assunto a conclusione di una regolare procedura concorsuale, alle differenze retributive, all’indennità di fine rapporto e alle altre prestazioni contributive e previdenziali, ma questo soltanto quando risulti comprovata la sussistenza degli indici che, secondo la stessa giurisprudenza amministrativa, rivelano lo svolgimento, sia pure di fatto, di un rapporto di impiego, quali la subordinazione gerarchica, l’esclusività e la continuità delle prestazioni, l’osservanza di un orario di lavoro, la retribuzione in misura fissa e continuativa e l’inserimento del lavoratore nella struttura organizzativa dell’ente; in altre parole, al rapporto nullo possono essere ricollegate le conseguenze di cui all’art. 2126 c.c. unicamente quando lo stesso, benché costituito senza il rispetto delle modalità prescritte, sia per il resto assimilabile al rapporto di lavoro subordinato costituito nelle forme legali, del quale presenti tutti i caratteristici indici rivelatori. Tuttavia la regola, dettata dall’art. 2126 c.c., di ampia salvaguardia della prestazione resa in fatto dal lavoratore, a prescindere dalla validità e dalla stessa esistenza del titolo costitutivo, copre la prestazione nel sinallagma retributivo e si estende agli ulteriori effetti pensionistici e previdenziali, che nella retribuzione stessa e nel suo assoggettamento a contribuzione trovano il momento genetico e ad essa sono legati in rapporto di consequenzialità, mentre non concerne gli effetti giuridici connessi all’inquadramento nell’organigramma dell’Ente.

Sulle condizioni di sanabilità delle opere realizzate in virtù di permesso di costruire poi annullato in sede giurisdizionale

Consiglio di Stato, Sezione II, sentenza 27 marzo 2020, n. 2155

data: 31.03.2020
Area: Amministrativo, Energia e Ambiente

Le norme in materia di assunzione del personale degli enti locali non sono di ostacolo all’applicabilità dell’art. 2126 c.c., e, quindi, al riconoscimento del diritto del lavoratore, pur non assunto a conclusione di una regolare procedura concorsuale, alle differenze retributive, all’indennità di fine rapporto e alle altre prestazioni contributive e previdenziali, ma questo soltanto quando risulti comprovata la sussistenza degli indici che, secondo la stessa giurisprudenza amministrativa, rivelano lo svolgimento, sia pure di fatto, di un rapporto di impiego, quali la subordinazione gerarchica, l’esclusività e la continuità delle prestazioni, l’osservanza di un orario di lavoro, la retribuzione in misura fissa e continuativa e l’inserimento del lavoratore nella struttura organizzativa dell’ente; in altre parole, al rapporto nullo possono essere ricollegate le conseguenze di cui all’art. 2126 c.c. unicamente quando lo stesso, benché costituito senza il rispetto delle modalità prescritte, sia per il resto assimilabile al rapporto di lavoro subordinato costituito nelle forme legali, del quale presenti tutti i caratteristici indici rivelatori. Tuttavia la regola, dettata dall’art. 2126 c.c., di ampia salvaguardia della prestazione resa in fatto dal lavoratore, a prescindere dalla validità e dalla stessa esistenza del titolo costitutivo, copre la prestazione nel sinallagma retributivo e si estende agli ulteriori effetti pensionistici e previdenziali, che nella retribuzione stessa e nel suo assoggettamento a contribuzione trovano il momento genetico e ad essa sono legati in rapporto di consequenzialità, mentre non concerne gli effetti giuridici connessi all’inquadramento nell’organigramma dell’Ente.