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I virus contratti sul luogo di lavoro si configurano come malattie professionali coperte dall’Inail, anche quando non viene dimostrato l’evento infettante

Cassazione Civile, sez. lavoro, ordinanza del 10.10.2022, n. 29435

data: 16.10.2022
Area: Diritto del Lavoro

Un infermiere di una RSA ricorre giudizialmente al fine di ottenere il riconoscimento della copertura INAIL e, quindi, dell’indennizzo in rendita o in capitale, a seguito della contrazione sul luogo di lavoro dell’epatite C.

In prima istanza il Tribunale e successivamente in secondo grado di giudizio la Corte di Appello hanno rigettato la domanda ritenendo che il lavoratore non era riuscito a provare né la causa di lavoro né la speciale nocività dell’ambiente.

La Corte di Cassazione, in disaccordo con quanto stabilito dalla Corte d’Appello, ha statuito che per il riconoscimento della malattia professionale è necessaria una relazione con lo svolgimento dell’attività lavorativa, che prescinde sia dal fatto che i suoi effetti si manifestino dopo un certo tempo che dalla presenza di una specifica causa violenta alla base dell’infezione.

Inoltre la dimostrazione della connessione con l’attività lavorativa può essere fornita in giudizio dal dipendente anche mediante presunzioni semplici, fino a prova contraria dell’Inail.

Su tali presupposti, la Suprema Corte, ha ritenuto assolto l’ onere probatorio del dipendente della RSA.

I virus contratti sul luogo di lavoro si configurano come malattie professionali coperte dall’Inail, anche quando non viene dimostrato l’evento infettante

Cassazione Civile, sez. lavoro, ordinanza del 10.10.2022, n. 29435

data: 16.10.2022
Area: Diritto del Lavoro

Un infermiere di una RSA ricorre giudizialmente al fine di ottenere il riconoscimento della copertura INAIL e, quindi, dell’indennizzo in rendita o in capitale, a seguito della contrazione sul luogo di lavoro dell’epatite C.

In prima istanza il Tribunale e successivamente in secondo grado di giudizio la Corte di Appello hanno rigettato la domanda ritenendo che il lavoratore non era riuscito a provare né la causa di lavoro né la speciale nocività dell’ambiente.

La Corte di Cassazione, in disaccordo con quanto stabilito dalla Corte d’Appello, ha statuito che per il riconoscimento della malattia professionale è necessaria una relazione con lo svolgimento dell’attività lavorativa, che prescinde sia dal fatto che i suoi effetti si manifestino dopo un certo tempo che dalla presenza di una specifica causa violenta alla base dell’infezione.

Inoltre la dimostrazione della connessione con l’attività lavorativa può essere fornita in giudizio dal dipendente anche mediante presunzioni semplici, fino a prova contraria dell’Inail.

Su tali presupposti, la Suprema Corte, ha ritenuto assolto l’ onere probatorio del dipendente della RSA.