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L’abitudine al tabagismo non è elemento sufficiente ad escludere l’origine lavorativa della patologia tumorale cha ha colpito il lavoratore

Corte di Cassazione, sez. lavoro, 21 luglio 2023, n. 21950

data: 01.10.2023
Area: Diritto del Lavoro

Il rapporto causale tra l’evento e il danno è governato dal principio di equivalenza delle condizioni, secondo cui va riconosciuta efficienza causale ad ogni antecedente che abbia contribuito, anche in maniera indiretta e remota, alla produzione dell’evento, potendosi escludere l’esistenza del nesso eziologico richiesto dalla legge solo se possa essere ravvisato con certezza l’intervento di un fattore estraneo all’attività lavorativa, di per sé sufficiente a produrre l’infermità e tale da far degradare gli altri fattori a semplici occasioni.

Date tali premesse, i Giudici della Suprema Corte giungono ad affermare che nel caso di malattia astrattamente ricollegabile a distinte cause di origine lavorativa ed extra lavorativa (fra le quali ultime, come nella fattispecie considerata dalla sentenza, il fumo di sigaretta) un singolo fattore può essere considerato causa esclusiva della malattia solamente qualora, innescando una serie causale autonoma, sia stato in grado, da solo, di produrre l’evento.

Tale prova, tuttavia, non può essere oggetto di semplici presunzioni, ma necessita di una concreta e specifica dimostrazione, in termini di “probabilità qualificata”.

Alla luce di tali premesse, la decisione della Corte d’appello di Roma che aveva assegnato al fumo di sigaretta il ruolo di fattore causale autonomo, idoneo di per sé a produrre la patologia tumorale, in ragione di semplici presunzioni e non di un accertamento concreto ancorato a dati scientifici, è stata ritenuta errata.

L’abitudine al tabagismo non è elemento sufficiente ad escludere l’origine lavorativa della patologia tumorale cha ha colpito il lavoratore

Corte di Cassazione, sez. lavoro, 21 luglio 2023, n. 21950

data: 01.10.2023
Area: Diritto del Lavoro

Il rapporto causale tra l’evento e il danno è governato dal principio di equivalenza delle condizioni, secondo cui va riconosciuta efficienza causale ad ogni antecedente che abbia contribuito, anche in maniera indiretta e remota, alla produzione dell’evento, potendosi escludere l’esistenza del nesso eziologico richiesto dalla legge solo se possa essere ravvisato con certezza l’intervento di un fattore estraneo all’attività lavorativa, di per sé sufficiente a produrre l’infermità e tale da far degradare gli altri fattori a semplici occasioni.

Date tali premesse, i Giudici della Suprema Corte giungono ad affermare che nel caso di malattia astrattamente ricollegabile a distinte cause di origine lavorativa ed extra lavorativa (fra le quali ultime, come nella fattispecie considerata dalla sentenza, il fumo di sigaretta) un singolo fattore può essere considerato causa esclusiva della malattia solamente qualora, innescando una serie causale autonoma, sia stato in grado, da solo, di produrre l’evento.

Tale prova, tuttavia, non può essere oggetto di semplici presunzioni, ma necessita di una concreta e specifica dimostrazione, in termini di “probabilità qualificata”.

Alla luce di tali premesse, la decisione della Corte d’appello di Roma che aveva assegnato al fumo di sigaretta il ruolo di fattore causale autonomo, idoneo di per sé a produrre la patologia tumorale, in ragione di semplici presunzioni e non di un accertamento concreto ancorato a dati scientifici, è stata ritenuta errata.