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Non ricorre la giusta causa di licenziamento se il dipendente stressato risponde male al cliente

Corte di Cassazione, sezione Lavoro, Ordinanza n. 13774 del 2 maggio 2022

data: 06.05.2022
Area: Diritto del Lavoro

Non integra giusta causa di licenziamento il comportamento della lavoratrice che il 23 dicembre si era rivolta in modo scortese ed utilizzando un’ espressione volgare ad un cliente il quale, irritato dall’insolenza, non aveva completato l’acquisto.

Ad attenuare la gravità della condotta hanno concorso sia l’assenza di precedenti disciplinari che il contesto prenatalizio di intenso afflusso di clientela, non attentando l’episodio isolato al vincolo fiduciario tra le parti, secondo una valutazione di proporzionalità a norma degli artt. 2106 c.c. e 225 CCNL applicato al rapporto.

La Suprema Corte ha ritenuto la sentenza resa dalla Corte d’ Appello corretta in quanto, stante l’attuale assetto normativo, il giudice deve procedere ad una valutazione più articolata della legittimità dei licenziamenti disciplinari rispetto al periodo precedente alla modificazione dell’art. 18 l. 300/1970 ad opera dell’art. 1, comma 42, lett. b) l. 92/2012.

Per la Suprema Corte, quindi, i Giudici devono in primo luogo, accertare se sussistono o meno la giusta causa ed il giustificato motivo di recesso; nel caso poi in cui il giudice escluda la ricorrenza di una giustificazione della sanzione espulsiva, deve svolgere, al fine di individuare la tutela applicabile, una disamina ulteriore sulla sussistenza o meno di una delle due condizioni previste dal quarto comma dell’art. 18 per accedere alla tutela reintegratoria, per “insussistenza del fatto contestato” ovvero per fatto rientrante “tra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base delle previsioni dei contratti collettivi ovvero dei codici disciplinari applicabili” e deve, in assenza, applicare il regime dettato dal quinto comma.

Non ricorre la giusta causa di licenziamento se il dipendente stressato risponde male al cliente

Corte di Cassazione, sezione Lavoro, Ordinanza n. 13774 del 2 maggio 2022

data: 06.05.2022
Area: Diritto del Lavoro

Non integra giusta causa di licenziamento il comportamento della lavoratrice che il 23 dicembre si era rivolta in modo scortese ed utilizzando un’ espressione volgare ad un cliente il quale, irritato dall’insolenza, non aveva completato l’acquisto.

Ad attenuare la gravità della condotta hanno concorso sia l’assenza di precedenti disciplinari che il contesto prenatalizio di intenso afflusso di clientela, non attentando l’episodio isolato al vincolo fiduciario tra le parti, secondo una valutazione di proporzionalità a norma degli artt. 2106 c.c. e 225 CCNL applicato al rapporto.

La Suprema Corte ha ritenuto la sentenza resa dalla Corte d’ Appello corretta in quanto, stante l’attuale assetto normativo, il giudice deve procedere ad una valutazione più articolata della legittimità dei licenziamenti disciplinari rispetto al periodo precedente alla modificazione dell’art. 18 l. 300/1970 ad opera dell’art. 1, comma 42, lett. b) l. 92/2012.

Per la Suprema Corte, quindi, i Giudici devono in primo luogo, accertare se sussistono o meno la giusta causa ed il giustificato motivo di recesso; nel caso poi in cui il giudice escluda la ricorrenza di una giustificazione della sanzione espulsiva, deve svolgere, al fine di individuare la tutela applicabile, una disamina ulteriore sulla sussistenza o meno di una delle due condizioni previste dal quarto comma dell’art. 18 per accedere alla tutela reintegratoria, per “insussistenza del fatto contestato” ovvero per fatto rientrante “tra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base delle previsioni dei contratti collettivi ovvero dei codici disciplinari applicabili” e deve, in assenza, applicare il regime dettato dal quinto comma.