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Perdita di valore della partecipazione societaria a seguito di fatto illecito del terzo: diritto al risarcimento del danno

Tribunale di Roma, sentenza n. 561 del 17 gennaio 2022

data: 13.02.2022
Area: Societario, Fusioni ed Acquisizioni

Il diritto al risarcimento del danno compete alla società e non al socio: questa la soluzione offerta dai giudici di prime cure, in aderenza all’orientamento della Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite scolpito nella pronuncia n. 27346/2009, secondo il quale “qualora una società di capitali subisca, per effetto dell’illecito commesso da un terzo, un danno, ancorché esso possa incidere negativamente sui diritti attribuiti al socio dalla partecipazione sociale, nonché sulla consistenza di questa, il diritto al risarcimento compete solo alla società e non anche a ciascuno dei soci, in quanto l’illecito colpisce direttamente la società e il suo patrimonio, obbligando il responsabile al relativo risarcimento, mentre l’incidenza negativa sui diritti del socio, nascenti dalla partecipazione sociale, costituisce soltanto un effetto indiretto di detto pregiudizio e non conseguenza immediata e diretta dell’illecito”.

La sentenza del Tribunale di Roma si modella dunque su quella di legittimità in forza della quale, una volta provato il fatto illecito commesso dal terzo, il risarcimento del danno compete soltanto alla società perché è il suo patrimonio ad esserne colpito direttamente. Nel caso in cui la società ottenga il ristoro del danno subito, anche i soci ne trarrebbero giovamento; ragion per cui, se si riconoscesse il diritto al risarcimento del danno anche in capo a quest’ultimi, si finirebbe con il legittimare una duplicazione dei danni. Pertanto, proseguono i giudici, “l’azione individuale del socio nei confronti dell’amministratore di una società di capitali non è esperibile quando il danno lamentato costituisca solo il riflesso del pregiudizio al patrimonio sociale”, giacché l’art. 2395 c.c. esige che il singolo socio sia stato danneggiato “direttamente” dagli atti colposi o dolosi dell’amministratore, mentre il diritto alla conservazione del patrimonio sociale appartiene unicamente alla società.

Infine, i giudici hanno precisato che la mancata percezione degli utili e la diminuzione di valore della quota di partecipazione non costituiscono danno diretto del singolo socio, poiché gli utili fanno parte del patrimonio sociale fino all’eventuale delibera assembleare di distribuzione, e la quota di partecipazione è un bene distinto dal patrimonio sociale la cui diminuzione di valore è conseguenza soltanto indiretta ed eventuale della condotta dell’amministratore.

Perdita di valore della partecipazione societaria a seguito di fatto illecito del terzo: diritto al risarcimento del danno

Tribunale di Roma, sentenza n. 561 del 17 gennaio 2022

data: 13.02.2022
Area: Societario, Fusioni ed Acquisizioni

Il diritto al risarcimento del danno compete alla società e non al socio: questa la soluzione offerta dai giudici di prime cure, in aderenza all’orientamento della Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite scolpito nella pronuncia n. 27346/2009, secondo il quale “qualora una società di capitali subisca, per effetto dell’illecito commesso da un terzo, un danno, ancorché esso possa incidere negativamente sui diritti attribuiti al socio dalla partecipazione sociale, nonché sulla consistenza di questa, il diritto al risarcimento compete solo alla società e non anche a ciascuno dei soci, in quanto l’illecito colpisce direttamente la società e il suo patrimonio, obbligando il responsabile al relativo risarcimento, mentre l’incidenza negativa sui diritti del socio, nascenti dalla partecipazione sociale, costituisce soltanto un effetto indiretto di detto pregiudizio e non conseguenza immediata e diretta dell’illecito”.

La sentenza del Tribunale di Roma si modella dunque su quella di legittimità in forza della quale, una volta provato il fatto illecito commesso dal terzo, il risarcimento del danno compete soltanto alla società perché è il suo patrimonio ad esserne colpito direttamente. Nel caso in cui la società ottenga il ristoro del danno subito, anche i soci ne trarrebbero giovamento; ragion per cui, se si riconoscesse il diritto al risarcimento del danno anche in capo a quest’ultimi, si finirebbe con il legittimare una duplicazione dei danni. Pertanto, proseguono i giudici, “l’azione individuale del socio nei confronti dell’amministratore di una società di capitali non è esperibile quando il danno lamentato costituisca solo il riflesso del pregiudizio al patrimonio sociale”, giacché l’art. 2395 c.c. esige che il singolo socio sia stato danneggiato “direttamente” dagli atti colposi o dolosi dell’amministratore, mentre il diritto alla conservazione del patrimonio sociale appartiene unicamente alla società.

Infine, i giudici hanno precisato che la mancata percezione degli utili e la diminuzione di valore della quota di partecipazione non costituiscono danno diretto del singolo socio, poiché gli utili fanno parte del patrimonio sociale fino all’eventuale delibera assembleare di distribuzione, e la quota di partecipazione è un bene distinto dal patrimonio sociale la cui diminuzione di valore è conseguenza soltanto indiretta ed eventuale della condotta dell’amministratore.