“Tetto minimo” al possesso di azioni o quote
data: 04.11.2022
Area: Societario, Fusioni ed Acquisizioni
Il Consiglio Notarile di Milano si è espresso con riguardo alle clausole che impongono un “tetto minimo” al possesso di azioni o quote. Dette clausole possono declinarsi:
- come limiti alla circolazione delle azioni, con la conseguenza che esse trovano rimedio, in caso di loro violazione, alla stregua di ogni altro acquisto di partecipazione compiuto senza rispettare le regole statutarie, rendendo inefficace il trasferimento nei confronti della società; ovvero
- possono assumere rilevanza a prescindere dalla vicenda di circolazione delle azioni o quote, e quindi valere per tutti i soci in qualsiasi momento della vita della società, quale “requisito” necessario per conseguire la legittimazione all’esercizio dei diritti sociali.
Questa seconda configurazione presenta profili di criticità in quanto si deve ritenere, in linea di principio, che una clausola che subordini il riconoscimento dello status socii al rispetto del limite minimo di possesso di azioni/quote sia incompatibile con la disciplina societaria.
Invero, una clausola di tal tipo sarebbe ammissibile allorché sia configurata come requisito per la legittimazione dei diritti sociali, a condizione che abbia ad oggetto solo una parte dei suddetti diritti e limitatamente ai diritti che siano disponibili dall’autonomina statutaria (e.g. diritto di voto, di intervento in assemblea ecc.), alla luce della disciplina propria di ciascun tipo sociale.
“Tetto minimo” al possesso di azioni o quote
data: 04.11.2022
Area: Societario, Fusioni ed Acquisizioni
Il Consiglio Notarile di Milano si è espresso con riguardo alle clausole che impongono un “tetto minimo” al possesso di azioni o quote. Dette clausole possono declinarsi:
- come limiti alla circolazione delle azioni, con la conseguenza che esse trovano rimedio, in caso di loro violazione, alla stregua di ogni altro acquisto di partecipazione compiuto senza rispettare le regole statutarie, rendendo inefficace il trasferimento nei confronti della società; ovvero
- possono assumere rilevanza a prescindere dalla vicenda di circolazione delle azioni o quote, e quindi valere per tutti i soci in qualsiasi momento della vita della società, quale “requisito” necessario per conseguire la legittimazione all’esercizio dei diritti sociali.
Questa seconda configurazione presenta profili di criticità in quanto si deve ritenere, in linea di principio, che una clausola che subordini il riconoscimento dello status socii al rispetto del limite minimo di possesso di azioni/quote sia incompatibile con la disciplina societaria.
Invero, una clausola di tal tipo sarebbe ammissibile allorché sia configurata come requisito per la legittimazione dei diritti sociali, a condizione che abbia ad oggetto solo una parte dei suddetti diritti e limitatamente ai diritti che siano disponibili dall’autonomina statutaria (e.g. diritto di voto, di intervento in assemblea ecc.), alla luce della disciplina propria di ciascun tipo sociale.